"LA STANZA DI GIADA" STORY

Raccontata a posteriori questa storia è davvero singolare. Avevamo pubblicato la prima parte del racconto di Vittorio "La stanza di Giada", poi.... ce ne siamo dimenticati! Un'ammiratrice di Vittorio, stanca di aspettare, ci ha spedito un suo seguito personalissimo del racconto e proprio raccontando a Vittorio quest'episodio, una sera, è nata l'idea di questo gioco-concorso: perchè non chiedere anche ad altri amici di mandare i loro racconti, poi li avremmo pubblicati chiedendo a tutti di cercare di indovinare quale potesse essere quello originale di Vittorio. Naturalmente alla fine ci sarebbe stato un vincitore e quello che abbiamo chiamato un Vitto-premio. Qui di seguito la prima parte del racconto, quella che avevamo "abbandonato" sul sito:

La stanza di Giada

 

 

I.

 

 

Quella notte il caldo era soffocante. Le finestre di casa erano tutte spalancate, ma non si muoveva neppure un alito di vento. Mi giravo nel letto e nel sudore tentando di aggrapparmi agli scampoli di un sogno che s’interrompeva ogni dieci minuti. Il tempo non passava mai e sembrava che la notte dovesse durare in eterno.

Dopo un paio d’ore capii di aver perso la partita, così mi vestii, una canottiera, calzoncini e sandali di gomma, e decisi di farmi un giro nel quartiere deserto e muto.

Saranno state le quattro, quattro e mezzo; continuavo a gocciolare come se avessi appena fatto la doccia…’ma come fanno tutti a dormire con questo caldo’ pensai ‘ aria condizionata!’ mi risposi e mi pentii di non avere accettato l’allettante offerta di un rappresentante che pochi giorni prima aveva bussato alla mia porta proponendomi ad un prezzo davvero stracciato un tecnologico ed ecologico climatizzatore.

Ma non doveva essere solo il caldo a rendermi così irrequieto e teso; i pensieri mi si depositavano in testa come strati di un club sandwich malfatto…quando andavo per addentarli si spappolavano e, rovinando, affogavano nella salsa rosa delle contraddizioni.

Ero solo.

Doveva essere questo il problema, solo e da troppo tempo. Mi ero rinchiuso in quella casa da tre anni, cioè da quando mi ero separato da mia moglie, ed era diventato una specie di eremitaggio…’per pensare’, avevo detto all’inizio, per capire dove avevo fallito, ma ora che i motivi erano stati ampiamente sviscerati, sentivo che alla terapia della solitudine si era sostituita la prigione della solitudine.

Un gatto mi attraversò la strada, rapido e furtivo, andò ad urtare qualcosa e il rumore mi risvegliò dalle mie elucubrazioni.

Dovevo aver camminato molto perché mi accorsi che non riconoscevo il paesaggio urbano che avevo intorno. Era una piazzetta con una fontana senz’acqua. Due dei tre lampioni erano spenti e non s’udiva alcun rumore, i palazzi erano anonimi, non un cartello né un numero civico.

Mi ero perso.

Questo pensiero, non lo nego, un po’ mi angosciava.

Mi voltai indietro come un soldatino e decisi di ripercorrere a ritroso la strada di casa. L’orologio al polso si era fermato e quindi non avevo la benché minima idea di che ora fosse. Per farmi coraggio mi accesi una sigaretta, e mentre tiravo il fumo di quell’ultima Marlboro, avvertii, quasi impercettibile sotto il silenzio assordante, il suono di una musica lontana.

Mi diressi automaticamente in direzione della musica. Destra, sinistra, ancora sinistra, no, no destra!…..

Ecco.

La musica si faceva più nitida, doveva trattarsi di un qualche gruppo rock degli anni sessanta/settanta. Imboccai un vicolo stretto, chiuso e buio; sì, la musica proveniva dal fondo di quel vicolo, infatti, al secondo piano, ormai di fronte a me, si poteva scorgere una finestra illuminata da una luce giallastra, come di una lampada da tavolo coperta da un foulard.

Cosa dovevo fare? Perché  mi ero spinto fin lì? OK, quella era la finestra e da quella casa si espandeva “Shine on your crazy diamond” dei Pink Floyd, ma adesso?

Una forza strana mi spingeva a saperne di più, ero eccitato e sempre più sudato. Mi dovevo arrampicare….neppure da bambino lo avevo mai fatto, soffrivo di vertigini ed ero decisamente maldestro.

Mi sentivo come Ulisse davanti al canto delle sirene solo che non ero legato all’albero maestro…ero libero, e in preda ad una specie di allucinazione; così cominciai a scalare.

I sandali non mi rendevano il compito più facile e poi…una volta su…sempre ammesso che ci sarei arrivato…cosa mai avrei potuto fare? Bussare alla finestra come un semplice visitatore volante, per giunta alle cinque del mattino?!

Ero già con le mani sul davanzale e con un colpo di reni riuscii ad appoggiarmi sul busto.

Spiai dentro.

La stanza era vuota e scarna. Le pareti azzurrine, una bergère a fiori consumati e stinti, una scrivania piena di fogli, una lampada  coperta da un foulard verde chiaro ed un vecchio giradischi che percorreva ormai gli ultimi solchi.

Di colpo la musica era finita ed io mi trovavo appollaiato su un davanzale sconosciuto come un pappagallo sul trespolo, per di più, a otto dieci metri da terra. Un’ombra entrò nella stanza da quello che sembrava un corridoio adiacente. L’ombra presto diventò una persona, la persona una donna, una donna bellissima e seria.

Cercai di spostarmi di lato, ormai l’eccitazione era arrivata a livelli di guardia. Lei si accese una sigaretta, si sedette lentamente e mollemente sulla poltrona e, senza ombra di dubbio, mi guardò.

No, non dico che mi vide, dico che mi guardò e con un gesto naturale, ma in quel momento totalmente assurdo, mi mostrò il pacchetto di sigarette mezzo pieno come per chiedermi se ne volessi una. La mia reazione fu di ritrarmi ancora di più, misi un piede in fallo e di colpo ricordai di soffrire di vertigini e ‘caddi come corpo morto cade’.

 

 

Qui sotto c'è il testo che abbiamo pubblicato i primi di dicembre '03, al termine del concorso:

"E finalmente siamo arrivati alla conclusione di questo gioco, che ha avuto molto più successo di quanto ci aspettassimo: è eccezionale che 26 persone (anzi 22 perchè qualcuno ha mandato addirittura due diversi finali) abbiano voluto provare a prendere una cosa pensata da un'altra testa per poi darle una forma diversa, una vita diversa............... Sono stati scritti ben 26 ideali prosecuzioni della Stanza di Giada, secondo gli schemi più disparati che ci hanno fatto stupire ed emozionare tutti.

Ma il fatto è che quell'altra testa è quella di Vittorio, e questo naturalmente spiega molto: il suo talento, la sua musica, la sua arte, la sua poesia..... Evidentemente tutto ciò ha saputo mettere in moto questo strano meccanismo per cui molti di noi hanno potuto scoprire o riscoprire talenti, passioni e soprattutto tanta voglia di esserci, di partecipare; è stato bello vedere tante persone riunite per un unico obiettivo, quello di divertirsi e di passare un po' di tempo assieme. Anche questa volta, la Stanza di Giada ci ha dato la misura dei sentimenti e delle emozioni che Vittorio smuove in molti di noi.

Allora che dire? Forse un solo GRAZIE VITTORIO per averci uniti così tanto attraverso una semplice pagina di parole!

Bene, ora è il momento di svelare la notizia che tutti aspettiamo, e cioè chi e quante persone hanno indovinato il racconto di Vittorio e anche chi è il vincitore o la vincitrice del premio. Nella pagina I RISULTATI potrete trovare di nuovo la casa dove vive Giada. Su ogni finestra abbiamo posizionato un numero che indica la quantità di persone che hanno scelto quel determinato racconto. Da lì, andando avanti e cliccando sull'apposito link, si vedrà il nostro palazzo con aperta la finestra della stanza giusta e Giada che vi saluta:è quello il finale scritto da Vittorio!!!"

RACCONTI RISULTATI

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